Negli ultimi decenni di convivenza a strettissimo contatto con le tecnologie, oltre all’euforia dei primi tempi, alle incognite e agli errori in cui inevitabilmente siamo inciampati, abbiamo avuto modo di familiarizzare con il lato umano della faccenda. Notando come, in fondo, ogni cosa fosse costruita per le persone dalle persone.
L’essere umano è la misura di tutte le cose.
Anche dell’innovazione, programmata da persone che le trasferiscono ogni aspetto della propria cultura, inclusi i bias.
In un riconoscimento facciale di Google Images di qualche anno fa, le donne di colore furono scambiate per gorilla. Gli stessi software, però, non avevano nessuna difficoltà nell’identificare le donne dai tratti caucasici.
Nel caso di ricerche di lavoro tramite Google Search, gli uomini hanno ancora più possibilità di vedersi rappresentati in ruoli manageriali. Indicativamente 5 volte in più delle donne.
Cosa succede, invece, nel caso dell’Intelligenza Artificiale, che tanto preoccupa per la sua presunta capacità di scalzarci dalle nostre mansioni millenarie? Tiene conto delle nostre unicità?
L’amore per le evidenze scientifiche ci suggerisce che vale la pena testarlo. Per questo, con il supporto di Claudio Riccio, creative strategist e attivista, abbiamo realizzato un sondaggio che ci aiuterà a capire se L’Intelligenza Artificiale è inclusiva.
E, soprattutto, se questa sia la vera domanda da porci.
Dì la tua, partecipa alla survey.
Noi ti aspettiamo con tutte le risposte, domenica 8 ottobre dalle 16:30 in Gipsoteca di Arte Antica durante l’evento
“Intelligenza diseguale: le IA generative e i bias cognitivi”.
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